Séraphine – Martin Provost [2008]
L’arbre de vie
Séraphine Louis, conosciuta da tutti semplicemente come Séraphine, oggi meglio nota come Séraphine de Senlis. Tre modi di chiamare un’unica persona, una domestica per ricchi signori, una donna un po’ strana ricacciata da tutti che trovava il suo unico sfogo, maniacale, frenetico, nella pittura.
Una pittura notturna, creata al lume di candela nottetempo con colori ricavati da materiali di recupero che forse nessun altro pittore prima di lei aveva avuto il coraggio di utilizzare. Perché? Perché era povera, e anche molto, e soprattutto non sapeva d’essere una pittrice. Per lei dipingere un quadro era la semplice materializzazione d’una volontà divina alla quale non poteva sottrarsi.
Pittrice semisconosciuta deve la sua fortuna, purtroppo postuma, a un mercante tedesco stabilitosi in più riprese in Francia che vedeva in lei l’arte degli altri pittori da lui commerciati: Rousseau, Van Gogh. Arte naïf, dunque. La cosiddetta arte ingenua, propria di quei pittori privi d’una formazione accademica ma dotati di sensibilità tale da voler rappresentare il mondo secondo il loro percepire.
Così era anche Séraphine, pittrice inconsapevole, amante degli alberi, dei fiori e di tutta la natura.
Arte primitiva, il suo mecenate preferiva chiamarla. Discussioni di definizione a parte, l’arte di Séraphine era sinceramente ingenua a tal punto che appena prese minimamente coscienza d’essere qualcuno, una pittrice, per l’appunto, la sua ingenuità svanì e impazzì senza mezze misure, rifiutando in toto la pittura.
Insomma, un personaggio tutto da scoprire che sta a metà tra la Dulle Griet del folklore fiammingo cinquecentesco e secentesco e la sua coeva Camille Claudel, altra artista tormentata da insuccessi e pazzia.
Il regista Martin Provost si cala bene nella storia a livello filologico, tanto da andare a girare il film nelle antiche stradine di Senlis nel nord della Francia e negli stessi luoghi frequentati dalla protagonista della storia. Purtroppo Provost fallisce quando impugna la macchina da presa, non traslando quello stile folle e invasato che caratterizzava l’animo di Séraphine, ma pensando attentamente a non compiere errori cinematografici. Il risultato è un film distaccato, privo dell’accoratezza che sarebbe stata ben più consona per questo tipo di rappresentazione. Lo spettatore osserva la storia ma non la vive, comprende che è successo qualcosa di estremamente viscerale perché l’attrice protagonista Yolande Moreau è strepitosa nel ricalcare le mosse della pittrice, ha quello stesso insano scintillio negli occhi, però non ne entra a far parte.
Séraphine è un film posato, che registicamente contraddice quanto rappresentato sulla scena, eppure non si può non riconoscere l’importantissimo lavoro di recupero di un personaggio tanto geniale e, purtroppo, ancora in parte dimenticato.
Danilo Cardone
L’incomprensione di questi tempi ha come precedente fratello un passato nel quale riflettiamo le nostre debolezze, questa scia all’indietro ha intensificato il suo amaro sapore.. Seraphine, vittima del suo incanto e’ arrivata fino ai nostri giorni…indifferenza