What Richard Did – Lenny Abrahamson [2012]
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Last action hero
Irlanda. Un diciottenne, prototipo del vincente su tutti i fronti, a cui non manca nulla e nessuno, uccide accidentalmente un suo amico. In lui si scatena un incontenibile dramma.
Al 30° Torino Film Festival torna Lenny Abrahamson, vincitore della venticinquesima edizione, e lo fa con un film straordinariamente riuscito.
Nel caliginoso clima irlandese il nostro Richard è il perfetto vincente. È un asso del rugby, uno studente modello, è amato da chiunque lo conosca, le ragazze fanno la fila per poter essere le sue amanti, così come le madri delle spasimanti che lo trattano con i guanti, vedendo in lui il ragazzo perfetto per le proprie figlie. Vive per giunta in una famiglia agiata. È la vita perfetta.
Il bravissimo attore Jack Reynor è il volto perfetto per questo ruolo. Un bel ragazzo, viso pulito dai lineamenti decisi ma non duri. Il suo sguardo è malinconicamente sorridente e il suo sorriso sincero.
Sincero, proprio come Abrahamson che gira questo film con una apprezzabilissima delicatezza. La macchina da presa si muove raramente, quasi controvoglia e i primi piani diventano terreno fertile per interpretazioni delle situazioni.
Senza forzature narrative e senza aggressività da parte dei protagonisti lo spettatore si trova immerso in un mondo fatto di ragazzi che si vogliono bene, che ogni volta che s’incontrano si salutano con un abbraccio sincero, un mondo dove i ragazzi amano i propri genitori nella misura nella quale i genitori amano i propri figli. La macchina presa documenta ciò in maniera tutt’altro che documentaristica, ma la naturalezza con la quale le situazioni si svolgono è meravigliosamente sincera.
Questa idilliaca fluidità degli eventi viene però interrotta dall’evento inaspettato, dall’incidente improvviso che scava un abisso nei confronti dei protagonisti, primo tra tutti il nostro Richard. In un attimo il suo mondo, seppur solido e apparentemente non incrinabile, si crepa alle sue basi e si frantuma sotto il suo peso.
Il regista continua con la sua delicatezza che da semplice rappresentatrice della serenità conviviale passa essere pesantissimo senso di colpa. I primi piani diventano radiografie dell’anima, i dettagli come gli occhi e le mani si trasformano da oggetti del desiderio in simboli della sofferenza interiore.
La calibrata sceneggiatura fa il resto, e unita al lavoro di Abrahamson raggiunge un apice eccezionale nella confessione che Richard fa al suo amato padre.
La sensibilità dell’eroe è esaltata, istante dopo istante, in questo film che stravolge la figura dell’eroe, simbolo di una comunità e, nell’immaginario, di un’intera società. Lo spettatore è proiettato in tutto ciò, dagli svaghi iniziali al dramma della seconda parte dell’opera. Si vive con Richard, si gioisce e si soffre con lui. Lo spettatore conosce il corso degli eventi, sa cosa è successo e perché, non solo perché ha osservato i fatti ma perché, grazie alla lunghissima introduzione, quei medesimi eventi caratterizzanti il dramma li ha vissuti. Lo spettatore deve assolvere Richard perché deve discolpare sé stesso.
La figura di Richard ne uscirà ancora più rafforzata, mentre è la figura della donna a uscirne sconfitta. Per essere più specifici è la ragazza a costituire il problema, a emergere come il pomo della discordia che genera odio e sofferenze mascherate sotto l’impenetrabile velo dell’amore. Le ragazze compaiono in situazioni limitate, e in quelle poche occasioni si lasciano andare a lascivi comportamenti sessualmente appaganti. C’è da dire che nemmeno i ragazzi brillano, soprattutto nella seconda metà. Violenti, codardi, invidiosi, per il giovane uomo c’è questo ed altro, eppure la figura di Richard risolleva le sorti di un’intera generazione.
What Richard Did è un film coinvolgente e appassionante, è un’ode alla coscienza e all’Irlanda. Richard è una figura che non si dimentica, per il suo carattere, per la sua morale, per la sua innocenza, per la nostra.
Danilo Cardone