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V/H/S – aa.vv. [2012]

27 novembre 2012

.30° Torino Film Festival

Very Hard Screenings

V/H/S

Siamo nell’epoca dell’alta definizione. Schermi piattissimi a risoluzioni esagerate, display retina e via dicendo. Anche nel cinema si persegue la chimera dell’immagine perfetta, senza disturbi, con i colori più nitidi e luminosi possibili, fino ad arrivare allo sfondamento prospettico con il cinema in 3D.

Bene, i registi di V/H/S con l’alta definizione sono ben lieti di nettarsi le pudenda.

I nove registi autori di questo florilegio dell’horror in bassa definizione preferiscono evitare di imbambolare lo spettatore con una forma bella, smagliante, atta a celare poca sostanza. Il loro è un procedimento a metà tra l’innovazione e la nostalgia.

La nostalgia ha due ragioni d’essere. Da un lato i registi dimostrano tutta la loro gratitudine rendendo omaggio al cinema horror degli anni ’80, quello tratto dai racconti di Stephen King e quelli di Zio Tibia, dove varie storielle tra l’horror e il grottesco costituivano un unico film legato da un racconto a cornice che inglobasse tutti gli altri e ne costituisse la conclusione. Dall’altro i creatori di questo film recuperano la videocassetta amatoriale, il nastro, quello che una volta registrato non potevi cancellare con un semplice clic ma eri costretto a sovraimprimere il filmato più recente a quello precedentemente registrato.

Non è un rifiuto delle nuove tecniche di ripresa amatoriale, tant’è che un episodio è ambientato in due ambienti comunicanti tra loro per mezzo della videochat, ma è un vero e proprio omaggio registico alla casualità della ripresa e all’impossibilità di editarla. I nastri che vengono fatti girare sullo schermo spesso si interrompono, rivelando qualche secondo di riprese totalmente scollegate da quanto narrato, che non sono altro che buchi sulla pellicola tra registrazioni sovraimpresse in tempi differenti. E poi i segnali disturbati, il noise che disturba una corretta visione, la luce fioca che [non] illumina gli ambienti. Non pare quasi esserci un lavoro di fotografia dietro a questo progetto. La macchina è sempre costantemente traballante, perché ora è una ripresa in super 8, ora con una videocamera compatta, ma le riprese derivano anche da occhiali da spia con videocamera nascosta, oppure da celati obiettivi in innocenti costumi di halloween.

Insomma, l’utilizzo di una macchina che va sempre fuori fuoco e che riprende magari più pavimento che resto della stanza è il cosciente rifiuto di una calligrafia filmica preconcetta e assodata nelle tecniche di bel linguaggio registico.

V/H/S

E tutto ciò funziona!

La sensazione di trovarsi davvero di fronte a filmati amatoriali, totalmente inconsapevoli del fine e di ciò che sta per accadere, è strabiliante. Non c’è possibilità di non immedesimarsi in una visione casuale. Gli attori sono bravissimi? Alcuni forse non sono nemmeno attori? Sarà perché alcuni di loro hanno le facce più normali di questo mondo?

Non si sa. Sta di fatto che il risultato è perfettamente raggiunto e noi fatichiamo a credere che tutto ciò che vediamo sia stato filmato in concezione registica non aleatoria.

Le storie sono svariate e varie, malgrado riconducano sempre, in un modo o nell’altro, a creature demoniache pronte a insediarsi nella normalità del quotidiano per compiere i loro efferati omicidi. Sarebbe inutile stare qui a raccontare episodio per episodio: si passa dai ragazzi sbronzi che caricano delle ragazze in un pub e le portano in un motel, ai due amanti su skype, dai quattro amici in gita sul lago ad altri quattro in cerca di una festa di Halloween. Più ancora qualche altro racconto.

Varie le storie, varie le tecniche. Ogni regista sceglie un tipo di ripresa amatoriale, un supporto differente e lo utilizza secondo il proprio stile.

Il risultato non è semplicemente di tensione e di paura, anzi, il carattere di normalità che caratterizza i filmati fino alle svolte orrifiche garantiscono una buona dose di ironia che stempera le fasi più concitate. Lo spettatore, dunque, seguirà con apprensione le vicende ma sempre con il mezzo sorriso sulle labbra di chi sa che ciò che sta vedendo innanzitutto non appartiene al tempo presente perché sono tutte registrazioni presentate come tali, e poi perché gli avvenimenti soprannaturali proposti attingono un po’ dalla fantasia classica del genere e un po’ dalle leggende metropolitane che tanto già stavano a cuore dei registi horror degli anni ’80.

Da notare che il più protagonista tra i numerosi protagonisti è Calvin [Lee] Reeder, l’anno scorso visto già al TFF in veste di regista con il mezzo capolavoro The Oregonian, bistrattato da una critica sempre troppo frettolosa su ciò che pare incomprensibile e, nuovamente, lontano dai fasti dell’alta definizione.

V/H/S

V/H/S è dunque un film interessante, avvincente e innovativo. Uno degli imperdibili di questo 30° Torino Film Festival.

8,5

Danilo Cardone

2 commenti leave one →
  1. otto permalink
    27 novembre 2012 18:05

    Alta definizione della tua recensione
    Complimenti 😀

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