Il Grinta – Joel & Ethan Coen [2010]
La ballata dei fratelli registi
Tratto dall’omonimo romanzo di Charles Portis Il Grinta narra le gesta della quattordicenne Mattie Ross la quale cerca di vendicare con decisione inconsueta la morte del padre. Per fare ciò si avvale dell’aiuto del ranger LeBoeuf e del famigerato sceriffo soprannominato, per l’appunto, Il Grinta.
Sono due i personaggi chiave della vicenda filmica: la ragazzina e il Grinta.
Lei, matura più d’una donna matura, stupisce e ammalia con il suo fare grintoso. Lui, il Grinta, è una calamita per lo spettatore con il suo fare da duro con i duri e da buono con i buoni. Ci troviamo di fronte a uno dei migliori Jeff Bridges mai visti sullo schermo, non c’è dubbio. Due protagonisti strepitosi coadiuvati da un Matt Damon ben calato nella parte e da un Josh Brolin troppo fugace per lasciare il segno.
Il film si presenta come un classico western. Dall’impiccagione iniziale i protagonisti si mettono alla ricerca dei banditi come nella migliore delle tradizioni del genere, cavalcando cavalli attraverso boschi e praterie e imbattendosi di quando in quando in fragorosi scontri a fuoco.
Gli amanti del cinema dei fratelli Coen troveranno qui tutti gli stilemi classici del loro cinema, mentre i loro detrattori noteranno senza fatica come una sceneggiatura meravigliosamente strutturata scada in scambi prolissi e totalmente fini a sé stessi, cercando di eroicizzare ora la piccola ragazzina “sola contro il mondo” e ora il vecchio Grinta. Insomma, un’occasione sprecata.
Così è anche per tutto il resto di ciò che concerne la parte registica. Chi ama il cinema dei fratelli Coen evidenzierà la loro bravura nello spiazzare lo spettatore con repentine accelerazioni del ritmo, mentre tutti gli altri valuteranno quelle stesse scene come di fisiologico progredire della storia.
D’altronde questa sorta di filo sul quale si erge il film si tende ancora una volta quando si parla della caratterizzazione dei personaggi. Sono straordinari i costumi e il look che identificano univocamente i personaggi che però appaiono un po’ troppo stereotipati e psicologicamente non indagati come invece musiche e finale vorrebbero lasciare intendere.
In altre parole, siamo di fronte a un buon prodotto commerciale che può vantare ottimi attori, una buonissima fotografia e due registi che sanno fare il loro mestiere quel tanto da non deludere del tutto la critica e da non esaltare all’inverosimile lo spettatore medio. Insomma, la pagnotta se la portano a casa senza sotterfugi e si assicurano una produzione per il prossimo film.
Ma ciò a che porta? A nulla.
Danilo Cardone