Mr. Nice – Bernard Rose [2010]
La parabola del buon pusher
Howard Marks è stato uno dei più importanti trafficanti di droga degli anni ’70 e ’80.
Laureato senza difficoltà entra nel mondo della droga leggera ritrovandosi in poco tempo a gestire ingenti quantità di hashish da un continente all’altro.
È inevitabile non paragonare, almeno a una prima occhiata, Mr. Nice con il film Blow diretto dal compianto Ted Demme nel 2001 e interpretato da un superlativo Johnny Depp. Aldilà delle differenze registiche evidenti, il George Jung interpretato da Depp trafficava droghe pesanti, cocaina, mentre Howard Marks non si è mai discostato dalle droghe leggere.
La differenza non è di poco conto anche, e soprattutto, se si conta l’aura da santo nel quale viene avvolto Marks. Purtroppo il film non sviluppa mai alcuna tesi in maniera concreta in favore della legalizzazione della marijuana, bensì si limita a ripetere che in fondo non è altro che una pianta e che si sta combattendo una guerra contro una semplice erba. Malgrado ciò [in fondo è un film biografico] è evidente e comunque ripetuto molte volte come la suddetta droga leggera sia considerata da chiunque abbia lavorato al film come moralmente legale.
Partendo da ciò e dall’elevazione virtuosa che si ottiene sempre quando il protagonista del film è realmente esistito e le sue gesta sono storicamente documentate, la leggerezza che contraddistingue il film si distanzia senza difficoltà da quanto visto nell’ottimo Blow nove anni prima.
Al contempo l’ironia british che contraddistingue Mr. Nice alla lunga può risultare ridondante se non addirittura inopportuna in scene che forse avrebbero meritato maggior serietà. In fondo non è così importante inscenare il dramma in maniera drammatica, soprattutto in un film biografico dove ciò che conta è raccontare la storia del protagonista, però così facendo si rischia di banalizzare un po’ alcune scene se non addirittura l’intera opera.
Fortunatamente questo film tratta un tema sufficientemente “diverso” dai soliti temi cinematografici e quindi già solo per questo suscita interesse. Oltretutto le splendide musiche anni ’70 [Deep Purple, The Beatles, Pink Floyd, etc…] facilitano la fruizione di un film già di per sé facilmente fruibile.
Cosa non va molto nel soggetto è la superficialità con la quale vengono trattate alcune scene, dove tutto, nel bene o nel male, fila liscio e con il sorriso sulle labbra. In fondo una storia così interessante avrebbe meritato una maggiore attenzione nei confronti del delicato tema trattato.
Semplicistiche sono anche le metafore utilizzate e la sceneggiatura, soprattutto nel rapporto di coppia.
Nettamente a favore del film gioca invece la caratterizzazione dei personaggi, molto ben delineati [e acconciati] e interpretati da un ottimo cast di attori che prevede innazitutto Rhys Ifans nel ruolo del protagonista, gallese come Marks e quanto gli giova questa medesima provenienza! Inoltre Ifans è bravo di suo e sembra non fatichi nemmeno a immedesimarsi nel ruolo. La sua compagna è interpretata da una sempre brava Chloë Sevigny, già vista con occhi gonfi e rossi per via dell’erba nel sorprendente vuoto ri-creato da Vincent Gallo in The Brown Bunny nel 2003. E poi un convincente [tranne che nel finale] David Thewlis, un baffuto Luis Tosar e un fugace ma stralunato [e come potrebbe essere altrimenti?] Crispin Glover che dall’interpretare il ruolo di George McFly [il padre di Marty, ovvero Michael J. Fox] è lentamente filmicamente degenerato [ma questo non è assolutamente un male] fino a diventare nel 2005 e nel 2007 il regista di due lungometraggi sui quali ora è meglio non dire altro.
A livello registico Bernard Rose spiazza leggermente, non tanto perché introduce chissà quali funambolismi bensì perché è stato in grado di creare un avvio di tutto rispetto che con il passare dei minuti è lentamente digradato verso una normalissima messa in scena che nulla aggiunge e nulla toglie alla storia raccontata. È davvero un peccato perché il flashback iniziale che prevede un giovane Howard Marks interpretato da un Rhys Ifans già esattamente conciato come nel prosieguo del film, evitando di chiamare in causa ragazzini pseudo-somiglianti alla vera star del film soltanto per rendere la storia più verosimile, è una scelta più che azzeccata. In barba a ogni legge temporale il protagonista è uno e uno soltanto, e questo è quanto noi possiamo vedere in questo film.
Da qui si passa a una serie di azzardi tecnici che esaltano una fotografia forse non eccellente ma sicuramente non sottovalutabile, tanto per quanto riguarda l’illuminazione della scena quanto in merito al rapporto colorimetrico e spaziale tra personaggi[o] e ambienti.
Come già accennato però, l’estro creativo che infonde speranza nei primi minuti svanisce lasciandoci con semplicissime scene in b/n per narrare tempi passati, e poco più.
Ci penseranno i titoli di coda a farci accendere nuovamente un qualche tipo d’interesse…
Mr. Nice è dunque un film dalla doppia anima registica che da un lato suscita interesse ma dall’altro lo pone nell’ammasso dei tanti film biografici. Ciò che conta più di tutto però è la storia di questo film che, forse proprio per il suo carattere ironico e popolare, non ha mai visto l’uscita nelle sale cinematografiche ma è stato fiondato direttamente in un anonimissimo formato dvd. Insomma, se Howard Marks riusciva a importare tonnellate di hashish dal Pakistan fino negli States, sono sicuro che voi saprete rintracciare questo film.
Danilo Cardone