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I Diavoli – Ken Russell [1971]

20 dicembre 2011

Appassionata fedeltà

I Diavoli

I peccati di un prete di provincia sono nulla in confronto a quelli che perpetreranno i suoi superiori nei suoi riguardi, tra deliri di potere e violenti istinti primordiali imputabili al demonio.

Ispirato al romanzo I Diavoli Di Loudoun di Aldous Huxley a sua volta basato su fatti realmente accaduti, I Diavoli consacra Ken Russell in tutta la sua estrema visionarietà da vero rivoluzionario della “buona morale”.

Il regista coglie l’occasione di questa storia formalmente anticlericale, ma in profondità avversa al bigottismo religioso e non, per intessere un intricato susseguirsi d’immagini estreme che spaziano dalla violenza auto-punitiva alla rappresentazione d’un selvaggio sabba orgiastico. La dimensione visiva in questo film è assolutamente preponderante su un soggetto già molto forte e autonomo, ed emerge come carattere di pura evocazione del male.

Non ci sono le simmetrie kubrickiane, non c’è la nitidezza d’un Bergman e nemmeno il perfezionismo di Francis Ford Coppola. Per Ken Russell esiste la totale immersione in una allucinata esperienza di rottura cinematografica ed esperienziale.

La macchina da presa non compie funambolismi tecnici memorabili, ma si muove sempre freneticamente accanto ai personaggi fissando molti primi piani dal retrogusto d’indagine psicologica colta più per empatia che per analisi scientifica, con un dinamismo internamente calato alla scena che sarà già riconoscibile come influenza in alcuni momenti del ben più rigoroso Giordano Bruno di Giuliano Montaldo del ’73.

I Diavoli

Tema portante del film è il possesso, il desiderio intrinseco nell’uomo di possedere tanto l’inanimata materia quanto, e forse ancor più, l’animato corpo del più debole. La violenza perpetrata nei confronti ora di quel personaggio, ora di quell’altro, non sono altro che squallidi sfizi privi di fondamenta nelle motivazioni ma pienamente vividi nelle recondite zone oscure della mente e dell’istinto dell’uomo.

Nel film questo viene chiamato “diavolo”, ma sono gli stessi accusatori a essere anche gli indemoniati viscidi carnefici degli ingiustificati goduriosi trucchi messinscena, risultando così ancor più come oscuri personaggi mossi dal fraudolento vociferare demoniaco. L’inferno non è dunque abitato da demoni con denti aguzzi e zampe caprine, bensì da falsi santi, apparentemente fulgidi nella loro illibatezza ma in realtà marci come la putrida morte. I detentori dell’integrità della fede non sono altro che gli intermediari tra il terreno mondo della perdizione e l’ultraterreno mondo altro della distruzione dello spirito.

Da ciò emerge una rappresentazione che in superfice può essere interpretata come uno spietato attacco alla chiesa cattolica.

Nel film si vede una religione repressa che reprime a sua volta e si compiace di ciò, ci sono bibbie che vengono deliberatamente bruciate da monache trasformate dal diavolo in streghe, e candele alle quali quelle stesse monache deviate riservano lo stesso trattamento che riserverebbero a un poderoso organo riproduttivo maschile.

In realtà ciò dimostra soltanto la dannosità della repressione e della sottomissione a ideali altrui. Evitare, dunque, i dettami della chiesa? Effettivamente Ken Russell sembra proprio dirci questo, ma è con la morale del protagonista, un Oliver Reed ai massimi livelli, che il regista completa il senso della sua opera, non esaltando il ruolo del prete redento ma conferendo un realismo che comunque la chiesa non ha potuto accettare all’uscita del film. Il personaggio ritratto da Russell è un prete che cede alle tentazioni senza i patemi di un Sant’Antonio e che è consapevole di questo, ma non per questo si sente lontano da Dio. E’ un prete che ama sé stesso prima di amare il prossimo, ma che ama anche il prossimo a differenza delle autorità a lui sovrastanti chiamate a giudicarlo per soli interessi, le quali amano il piacere che possono provare nel dominare il prossimo senza possibilità di fraintendimenti.

I Diavoli

La colpevolezza demagogica della quale viene imputato il protagonista coesiste con l’inganno mascherato sotto le facili accuse demoniache ma il tentativo d’incolpare il diavolo è per Russell palesemente strumentalizzato e opportunistico. In realtà non esiste alcun diavolo perché è sufficiente la piena consenziente volontà umana a garantire il subdolo prolificare del male sulla terra.

Lo spirito rivoluzionario e controcorrente del regista è evidente in tutto ciò e ne è una conferma la rappresentazione esagerata ed estemporanea che fa di alcuni personaggi: il re di Francia Luigi XIII è un omosessuale che ama i travestimenti e gli scherzi di cattivo gusto, il cardinale Richelieu si fa trasportare su un carrello pur di non poggiare i piedi per terra e camminare e la stralunata e invasata presenza dell’esorcista è la caratterizzazione di un hippie con occhialini alla John Lennon che crede si, ma soltanto alle sue perversioni, e le rivelazioni che esternerà da mattatore della scena quasi dovesse vendere gioielli falsi, paiono giungere a lui perché in preda a potenti droghe allucinogene e non per fede nei confronti di Dio.

Tutto questa repulsione fusa assieme a un misticismo d’occasione, più vicino alle cirlatanerie di uno stregone da stra-pazzo che a una condizione di spirito elevata, trova sfogo principale nell’eros, nel piacere carnale dell’atto sessuale e della sottomissione.

Conseguenti a una inevitabile onnipresente vanitas tanto dell’uomo quanto della donna, le perniciose fantasie che nel compimento dell’atto contraddistinguono preti e pervertiti in scena, nella loro pura elaborazione mentale trovano una ottima impersonificazione nella monaca interpretata da una ingobbita e repressa Vanessa Redgrave. Il suo maniacale desiderio di unirsi carnalmente al prete protagonista è pura utopia che ancora una volta sottostà al desiderio di possesso e non di condivisione, generando così una follia dettata dall’impossibilità di trasformare in atto ciò che sgretola la mente.

I Diavoli

Visioni mistiche blasfeme e peccaminose esasperano l’amore platonico in Cristo sovrapponendolo a quello altrettanto astratto per il prete, generando così un nuovo mito al quale riversare la propria incontrollata fede che sostituisce al Cristo in croce le sembianze del prete/oggetto del desiderio. La natura divina ma terrena nella forma del Cristo sul quale tanto hanno combattuto i teologi del passato arrivando persino a scindere alleanze politiche di rilevanza fondamentale per la storia dell’umanità, trova in questa rappresentazione di Ken Russell una forma visiva terrena come quella del Cristo ma idealizzata e incolmabile nella distanza fisica come quella di Dio.

La totale assenza di pudore iconoclasta del regista è estrema, sconvolgente nella sua interpretazione all’epoca della sua uscita nelle sale e ancora oggi. Forse soltanto la blasfemìa del misconosciuto Totò Che Visse Due Volte di Ciprì e Maresco del ’98 può superarlo, anche se con valenze differenti.

Eppure nel protagonista la fede non svanisce con il passare dei minuti, anzi, si rafforza allontanando qualsivoglia possibile annichilimento e fanatismo. La sua coerenza spirituale è eroica, integerrima ma incompresa, ravvisata e proprio per questo censurata tanto nelle vicende quanto nella realtà.

Dopo inusitati clamori che cercarono d’impedire l’uscita nelle sale la versione finale venne fortemente censurata e quella italiana ne rimase ancor più rimaneggiata, sopratutto nelle immagini più crude e cruente ma anche in quelle più blasfeme andando così a eliminare il profondo senso di abbandono morale che contraddistingue le scene più forti. Una di queste scene riguarda una monaca che cammina al contrario, a quattro zampe e con la testa al contrario. E’ importante notare come questa iconografia dedicata a chi è posseduto dal diavolo si è soliti pensare venga introdotta al cinema da L’Esorcista di William Friedkin, mentre I Diavoli la anticipa di ben due anni, e andando ancora più indietro nel tempo, più precisamente nel 1963, c’imbattiamo nel particolare Il Demonio di Brunello Rondi che presenta già questa inquietante soluzione formale.

I Diavoli

I Diavoli è un film sconvolgente, basato su una terribile vicenda realmente avvenuta nella prima metà del 1600, eppure l’aspetto storico è l’ultimo tra quelli che osserveremo. La potenza sovversiva di Ken Russell trova qui il suo apice, ed è indispensabile averla vista.

9

Danilo Cardone

One Comment leave one →
  1. ottavio permalink
    4 gennaio 2012 16:23

    Ottima recensione 🙂

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