Die Unsichtbare, Cracks In The Shell – Christian Schwochow [2011]
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Lo schiaccianoci
Avete presente il film Black Swan [Il Cigno Nero] di Darren Aronofsky uscito l’anno scorso nei cinema? Perfetto, così è Cracks In The Shell.
La storia è la medesima, dovrete soltanto sostituire al Lago Dei Cigni e alle sue splendide musiche, l’opera teatrale Camille.
Un film già visto, dunque?
E’ innegabile, la trama è praticamente identica e i risvolti psicologici sono molto simili, eppure guardare questo film è un vero piacere, pur avendo già assaporato il più celebre Black Swan.
La differenza principale tra le due opere è l’attenzione psicologica che viene rivolta alla protagonista. Se nel film di Aronofsky in molti hanno contestato le scene in discoteca, quelle dei saffici rapporti e quelle dagli evidenti accenni horror come un abile atto di ruffianeria nei confronti di una spettatore ampio e diversificato, Cracks In The Shell non cade in questa trappola, concentrando tutta la sua attenzione sulla protagonista dalla doppia personalità, quella di Josephine la timida ragazza colma di drammi e la Camille, creazione teatrale spigliata e autoritaria che vive le giornate seguendo il motto “si vive una volta sola”.
Malgrado l’assenza preponderante delle musiche, nulla manca a quest’opera raffinata. La fotografia è calda e confortevole, malgrado la maggior parte delle scene siano girate con una macchina a mano dagli echi vontrieriani del Dogma 95.
Fortissimo è l’apporto al film che viene fornito dagli attori. Il mentore, il regista dell’opera teatrale incaricato di riportare alla luce la vera natura di Josephine è un bravissimo Ulrich Noethen che richiama da vicino il Vincent Cassel di Aronofsky, ma la più brava in scena è senza ombra di dubbio la giovane attrice danese Stine Fischer Christensen, ragazza dalla doppia anima al contempo antitetica e complementare che non esiterà a distruggere l’apparenza del sé, in favore del sé.
Con l’innocenza [e la fisionomia] che contraddistingue un’altra attrice valida come Emily Mortimer, la Christensen interpreta la totalità dello spettro emozionale umano, passando dalla gioia spensierata al tragico senso d’abbandono che attanaglia chi vorrebbe togliersi la vita. Per fare ciò s’affida totalmente al regista, figura paterna assente nella vita reale, che instilla fiducia e impone la fuoriuscita della coscienza dall’involucro protettivo che la società c’impone di indossare per evitare d’essere smascherati nell’intimità delle nostre fragilità.
Osservare il trauma è liberarsi dal peso della sofferenza che ne consegue. È un duro lavoro che implica la distruzione della concezione mentale di “noi”, ma che in soggetti fragili coinvolge anche il fisico. La mutazione per essere funzionale deve essere totale. La presa di coscienza d’essere un nuovo nulla deve avvenire nella sua completezza. Il corpo nudo come la nuda coscienza, tutto deve essere portato alla luce escludendo qualsiasi zona d’ombra che lasci in noi inquietudine e incertezza.
Per Josephine essere Camille è vitale. Josephine deve essere Camille per poter tornare ad essere una Josephine completa, più matura, in grado di osservare e osservarsi con gli “occhi lavati” di Pavese.
Josephine impara la vita a teatro interpretando Camille, e di conseguenza impara il teatro nella vita.
Non è certo un caso che il personaggio teatrale che si troverà a interpretare, quello della sua parte oscura, si chiami Camille, come la Camille Claudel musa ispiratrice ma anche e soprattutto appassionata e tragica amante dello scultore francese più importante di fine ‘800 Auguste Rodin. Follemente innamorata di un Rodin già spostato, dedito ad altro ma che non può rinunciare alla sua nuova metà artistica e amorosa, la Claudel impazzirà per non poter essere ciò che cercava d’essere a tutti i costi. E così Josephine smarrisce dignità e ragione per poter unirsi alla [alle] sua [sue] metà.
Questo film pone anche in evidenza l’importanza dell’uomo di non restare solo. Ogni essere umano deve essere amato e deve avere una persona che si prenda cura di lui, un po’ come già suggerito sin dai tempi di Qohèlet nella Bibbia: «Meglio essere in due che uno solo, perché otterranno migliore compenso per la loro fatica, infatti, se cadono, l’uno rialza l’altro. Guai invece a chi è solo: se cade, non ha nessuno che lo rialzi.» Qoe [4, 9-10]
Cracks In The Shell è opera intelligente, non innovativa ma perfettamente controllata. Sicuramente uno dei migliori film di questa 29a edizione del TFF.
Danilo Cardone
Devo assolutamente vederlo, primo perchè “Il Cigno Nero” mi è piaciuto davvero tanto, secondo, perchè faccio teatro e tutto ciò che ruota al teatro mi ispira e stimola totalmente.
A questo punto, ricalco il consiglio: vallo a vedere. 😉
Volentieri.. quando arriverà in Italia..
E’ già in Italia. Domattina alle 11.30 al Greenwich Village di Torino. =P