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Miracolo A Le Havre – Aki Kaurismäki [2011]

25 novembre 2011

.29° Torino Film Festival

Disgelo a Le Havre

Miracolo a Le Havre

Presentato in anteprima mondiale alla 64a edizione del Festival del Cinema di Cannes dove ha ottenuto un successo unanime di critica e pubblico, Miracolo A Le Havre [da oggi nelle sale] è stato proiettato in anteprima italiana questa sera alla presenza del regista [che oggi ritirerà il Premio alla carriera Gran Torino] come film d’apertura alla pre-inaugurazione del 29° Torino Film Festival, rassegna cinematografica mai prestigiosa come quest’anno.

Annunciato dalla vice direttrice del festival Emanuela Martini come «il miglior film di Kaurismäki», Miracolo A Le Havre è sin dalle prime battute un film pienamente in linea con la filmografia del regista, evidenziando senza alcuna remora tutti gli omaggi al cinema del passato.

E’ in particolare la nouvelle vague francese a fare da riferimento a quest’opera che, oltre ad essere soltanto la seconda diretta dal regista finlandese in lingua francese, può vantare all’interno del cast le fugaci comparsate dell’attore alter ego di Truffaut, Jean-Pierre Léaud, ormai vecchio e incarognito nell’aspetto e nella parte, ma estremamente significativo per comprendere ancora meglio i rimandi espliciti a quel cinema francese degli anni ’60.

Il protagonista questa volta è un buon André Wilms nei panni di un lustrascarpe ex clochard che cercherà di far passare la frontiera britannica attraverso La Manica a un ragazzino di colore entrato come immigrato irregolare in Francia e, per puro caso, fermo nella città portuale di Le Havre.

Come si confà allo stile del burbero ma simpatico regista è la dicotomia tra ironia e dramma a fondare le basi per l’intera opera. A momenti d’intelligente ilarità si contrappongono dunque quelle fasi narrative drammatiche, così come vanno a comporre una normale vita umana.

«Hai pianto?» «No.» «Bene, tanto non serve a niente.»

E’ con questo spirito che il protagonista affronta gioie e dolori della grama vita di un poveraccio qualsiasi di una grande città europea. E’ la generosità d’animo, è la necessità d’aiutare il prossimo a rappresentare per Kaurismäki il punto di differenza di un uomo buono da uno normale, indifferente alla Vita.

Miracolo a Le Havre

Già delle premesse, sapientemente inscenate, è difficile pensare a un dramma cosmico che tutto avvolge e appesantisce. La misera condizione umana, per il regista, può essere misera soltanto nella forma se esiste il buon senso, quello che lo stesso regista usa per sovvertire i luoghi comuni quando gli vengono rivolte domande banali e dalla risposta ovvia. E così è nel film. E’ il buon senso a salvare o a condannare le persone, e il salvataggio appare come una salvifica redenzione cristiana privata da ogni accenno metafisico e a-corporale.

E dunque un film sulla speranza?

«Ho speranza?» «Un miracolo può sempre accadere..» «Non nel mio quartiere.»

La disillusione dei personaggi è presente, ma è basilarmente ottimista. E’ la consapevolezza del fatto che le cose belle accadono, ma soltanto agli altri.

Detto ciò, non si pensi Kaurismäki sia regista religioso. Nel film riveste un’importanza fondamentale il rapporto umano fra gli individui, e non la loro fede, tant’è che l’unica volta che dei preti vengono immortalati dalla macchina da presa del regista, sono intenti a fumare e a disquisire di futili problemi, anche se di parvenza teologica.

Alla storia non esattamente originale ma estremamente fluida si deve affiancare una fotografia davvero meravigliosa e una regia pura, sincera, autentica, che elimina i fronzoli di inutili tecnicismi in favore di una sapiente [e ironica] costruzione della forma dell’immagine, dello spazio proscenico, di ciò che sarà parte della scena. La bellezza estetica di questo film sta proprio nella perfezione del rendere l’anima pittoresca di luoghi e personaggi.

Strepitosa è la scena dell’apertura del container dove sono nascosti gl’immigrati africani. In completa contrapposizione con la bellicosità dei soldati francesi vengono immortalati tramite brevi ma efficacissimi ritratti dal retrogusto pittorico tutti i profughi del container. La musica si quieta e a ogni volto inquadrato bastano un paio di secondi per raccontare una storia fatta di evocazione senza parole.

Da notare è l’uso che il regista fa della musica. Se nella scena appena descritta è l’assenza musicale ad avere rilevanza, in altre scene non possiamo che notare e lodare il magistrale uso che Kaurismäki fa della continuità sonora a fronte di un cambiamento emozionale radicale. La stessa musica riesce così ad assumere tanto le valenze giocoso e frivole quanto quelle grevi e drammatiche. Splendido.

Miracolo a Le Havre

Miracolo A Le Havre è una specie di favola edificante che non vive di picchi registici ma che garantisce una visione scorrevole e gradevole allo spettatore, con un retrogusto di messaggio buonista che nelle mani di Kaurismaki sa non essere fastidioso, anzi.

Miracolo A Le Havre è un film breve, piacevole ed intenso, proprio come il calvados bevuto dai protagonisti.

7,5

Danilo Cardone

5 commenti leave one →
  1. 25 novembre 2011 10:54

    Ottima recensione, adoro Kaurismaki e spero di vederlo presto.

    • 25 novembre 2011 11:03

      Se adori Kaurismaki, questo è un film che devi vedere! Da oggi è nelle sale, ma non so per quanto rimarrà in programmazione..

  2. 27 novembre 2011 02:34

    Visto stasera. All’inizio ero rimasta un po’ perplessa, credo a causa di un doppiaggio che mi dava la sensazione di non essere perfettamente sincrono e che rendeva ancor più rarefatta ogni inquadratura. Ma la fotografia è indubbiamente meravigliosa, specialmente di quegli interni, drammaticamente essenziali eppure cromaticamente bilanciati, quasi lirici. Ho trovato felice la scelta degli attori e a tratti André Wilms mi ha ricordato il Bruno Ganz di Pane & Tulipani. E’ vero, è una bella favola in cui vorremmo credere e forse il paragone con Welcome di Philippe Lioret non è appropriato, ma Welcome mi ha dato di più.

    • 27 novembre 2011 02:54

      Hai decisamente ragione. Questo non è un film che ti lascia chissà cosa, malgrado sia molto ben realizzato.

      Il film che ho visto questa sera mi ha sconvolto come mai un film prima. ne parlerò a breve nel prossimo articolo..

  3. 27 novembre 2011 02:56

    aspetto curiosa 🙂

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