Looker – Michael Crichton [1981]
La perfezione è l’anima del commercio
Un gruppo di bellissime modelle si rivolge al miglior chirurgo estetico per poter finalmente raggiungere la perfezione anatomica. Una ad una, però, inizieranno a morire…
Alla sua quarta esperienza registica, l’innanzitutto romanziere Michael Crichton [Jurassic Park, Sfera, E.R. Medici In Prima Linea, etc…] torna sul tema del thriller fantascientifico.
La trama è valida. L’intero intreccio è stimolante e intrigante, ma ciò che delude è, purtroppo, la regia. Una lacunosa regia che sarebbe perfetta per un commercialissimo film di serie c, ma che in questo caso entra in antitesi con quanto raccontato.
Il tema principale del film è infatti il potere persuasivo della televisione. Estraniante e totale catalizzatore dell’attenzione dell’uomo, è l’immagine televisiva la vera arma di distruzione di massa della nostra società. Ogni messaggio può essere fatto passare attraverso la dinamica immagine trasmessa sugli schermi e ciò che la rende pericolosa oltre ogni immaginazione è la natura consenziente del suo fruitore. È lo spettatore che vuole vedere la televisione per ore e ore ed è lui che verrà bombardato di messaggi percettibili o meno, soprattutto tramite l’infide pubblicità.
Looker esce nel 1981 quindi ben due anni prima del capolavoro di David Conenberg, Videodrome, dove la necessità di osservare spinge la mente umana a volere qualcosa di sempre più forte, e poi ancora e ancora di più… fino a portarla a una disumanizzante pura follia.
Anche nel film di Crichton la cinesi dell’immagine porta a esiti simili alla loro base, anche se sostanzialmente differenti. Con Looker non ci troviamo di fronte a una disillusa visione del mondo, bensì di fronte a un film-messaggio d’avvertimento sul potere sconfinato che all’epoca stava iniziando a insinuarsi nelle nostre case e nelle nostre menti in maniera davvero significativa.
Ciò che accomuna davvero i due film è il carattere de-umanizzante della televisione, è la sua capacità di robotizzare e standardizzare l’uomo e i suoi comportamenti. E’ il 1981, la rivoluzione sessantonttina si può dire totalmente superata nel ’74-’75, e non è così tanto lontana. Eppure la “massa” che fino a pochi anni prima professava l’importanza della Natura e dell’uomo come parte di essa, nonché la necessità di ribellarsi ai concetti societari preconfezionati, soprattutto quando destinati alla sola vendita di un prodotto, sembra essere lontana anni luce. Nell’81, e Crichton lo evidenzia molto bene, l’uomo moderno vuole essere al passo coi tempi, sempre aggiornato e, soprattutto, famoso e amato da tutti. Per fare ciò l’aspetto, la sola apparenza, è ciò che conta più d’ogni altra cosa. E per arrivare a piacere bisogna che questo aspetto sia perfetto. Non più autentico e “terreno” come per i rivoluzionari di fine anni ’60, ma finto e plasticoso, anche a costo di essere frutto dell’intervento del chirurgo estetico.
L’importante è sembrare perfetti.
E in un’ottica meramente pubblicitaria, sembrare perfetti significa essere convincenti per la vendita. Convincenti per la vendita significa far diventare ricchi e diventare ricchi significa diventare potenti e diventare potenti significa comandare il prossimo, attuando così un processo ricorsivo e vorticoso dal quale ancora noi oggi non riusciamo a liberarci. Potere ai pochi, oligarchia.
Purtroppo, come accennato, a una storia e a un messaggio così forti, si associa una tecnica registica dalla doppia natura. Da un lato si ha tutta la parte di effetti speciali d’avanguardia che rendono la visione esteticamente appagante, mentre dall’altro lato si presenta il prodotto d’un regista che è innanzitutto scrittore. La regia di Crichton è a tratti ingegnosa, ma nella maggior parte dei momenti imbarazzante e palesemente costruita.
Tralasciando quindi ogni altro commento su ciò, devono essere segnalate alcune trovate estetico-formali che non possono passare inosservate. Innanzitutto la scena della scansione del corpo della protagonista a ritmo di Vivaldi. Una bellissima trovata che visivamente affonda le radici nei giochi di luce riflessi sul casco del protagonista [in fuga] dell’immenso 2001: Odissea Nello Spazio di Stanley Kubrick.
L’altra importantissima scena è quella del lungo inseguimento finale, che non è altro che un susseguirsi di intuizioni di notevole impatto visivo, dai toni marcatamente fantascientifici.
Negli spazi del film si muovono personaggi standard, mal analizzati e immediatamente riconducibili a centinaia di altri personaggi cinematografici d’identica fattura. Malgrado James Coburn e una schiera di splendide modelle, l’interpretazioni risultano molto [ma molto] scadenti, così come una sceneggiatura che sarebbe di buon livello se non fosse così tanto diluita con una valangata di banalità e luoghi comuni.
Rimane notevole il carattere anticipatorio per diversi film [sopratutto di fantascienza] che diventeranno ben più famosi di questo negli anni a venire. Si prenda, ad esempio, l’arma non convenzionale utilizzata dai protagonisti: è una pistola che emette un lampo luminoso in grado di ipnotizzare le persone per un determinato periodo, inibendone la capacità d’immagazzinamento della memoria. I Men In Black Will Smith e Tommy Lee Jones nel ’97 saranno dotati di una pennina [ormai le pistole nel cinema di fantascienza o sono micro o sono macro] che ha la peculiarità di emettere un lampo luminoso in grado di cancellare la memoria di chi ne rimane investito. Mi sembra quasi la stessa trovata. Ah, e non si dimentichino gli occhiali da sole protettivi, presenti in entrambi i film!
Looker è un film sicuramente interessante che sa suscitare riflessioni sulla nostra condizione di passività nel contesto societario, anche se nelle mani del suo stesso ideatore non ha trovato la gloria che forse avrebbe meritato.
Danilo Cardone