Transsiberian – Brad Anderson [2008]
La tensione corre sui binari
Quattro anni dopo il paranoico L’Uomo Senza Sonno con un dimagritissimo Christian Bale, il regista Brad Anderson torna a dirigere un lungometraggio tutt’altro che banale.
Quanti di noi sarebbero disposti a rinunciare a un comodo e rapido viaggio in aereo da Pechino a Mosca, in favore di un ben più avventuroso viaggio di 7865km per una durata di sei giorni in treno? Beh, forse pochi fisicamente, ma molti con le classiche utopiche intenzioni, ovvero quelle che a volte nemmeno sappiamo di avere ma che grazie alle opere cinematografiche [ri]scopriamo miracolosamente dentro di noi.
Bene, questa è una di quelle volte. Macchina fotografica alla mano [Canon, per chi se lo stesse chiedendo. E ve lo assicuro perché si legge molte volte durante il film], spirito d’avventura e una bella dose di necessità di seppellire il passato tramite la costruzione di nuove solide basi date dal presente.
E’ così che un buono e ingenuo Woody Harrelson [ancora una volta, perfetto nella parte] e una riservata e misteriosamente intrigante Emily Mortimer [straordinaria con quella sua proverbiale innocenza stampata in viso] partono alla volta della capitale russa. Sul loro percorso si frapporrà un ambiguo ed estremamente convincente nell’interpretazione Ben Kingsley, finalmente lontano da fantascientifici ruoli in favore di un personaggio che ricorda più da vicino l’enigmatico dottore portato in scena nello psicologico La Morte e La Fanciulla di Roman Polanski.
Nel corso dei 111 minuti del film si alternano colpi di scena e doppiogiochisti in stile hollywoodiano, i quali riescono a sopravvivere emergendo dalla massa di film seriali grazie un’attenzione psicologica davvero notevole.
Brad Anderson scava in ogni personaggio minuto dopo minuto, lasciando presagire tutto allo spettatore ma senza dare certezze fino al momento dello svelamento della verità che arriverà graduale.
Ma se la narrazione della storia risulta fin troppo lineare, la definizione di colpevolezza e quindi dell’individuazione univoca di un colpevole della situazione è sufficientemente sfuggevole e soprattutto mutevole da permetterci di chiamare in causa la definizione sfrangiata dei personaggi che soleva portare sul grande schermo un maestro del thriller come Alfred Hitchcock.
E malgrado Anderson non sia il cineasta inglese morto nel 1980, dimostra d’essere in grado di gestire bene una trama non originale ambientata in un luogo altrettanto usato, anzi, persino consumato nella storia del cinema.
Il treno. I Fratelli Lumiere in primis utilizzarono il treno in un’opera cinematografica. E se il paragone può sembrare fuori luogo a causa dell’impostazione documentaristica dei film dei fratelli francesi, basti pensare a The Great Train Robbery di Edwin S. Porter del 1903 per trovare un film narrativo antenato di Transsiberian. Rimanendo temporalmente più vicini ai nostri tempi si possono invece citare Assassinio Sull’Orient Express del ’74 tratto da un racconto di Agatha Christie e diretto da Sidney Lumet, e Il Mistero Della Signora Scomparsa girato nel 1979.
Insomma, il treno è una costante che attraversa tutta la storia del cinema e decidere nel 2008 di girare un film su un treno potrebbe essere davvero rischioso.
Fortunatamente Anderson ne è consapevole e piuttosto che soffermarsi sul solo treno, porta le azioni anche nelle desolate terre innevate siberiane che tutto permettono e tutto celano, con un velo di silenziosa compiacenza e uno di plurilaterale omertà, grazie ai quali il paesaggio stesso diventa parte attiva nel film.
Una critica negativa che si può muovere nei confronti del regista è quella di non aver osato fino in fondo. Con degli attori così bravi, una fotografia a tratti davvero efficace e una location ai limiti del metafisico forse con un stile registico alla Haneke si sarebbe potuto realizzare un capolavoro del genere. E invece la trama è qui troppo prevedibile. Però ha poca importanza.
Quando infatti lo sguardo della macchina da presa riesce ad affondare dentro ai personaggi protagonisti, in particolare a quello interpretato dalla Mortimer “acqua e sapone”, si scoprono molte sfaccettature dell’io. Molto è nascosto prima ancora che agli altri, a noi stessi. E’ infatti tramite un procedimento dalle reminiscenze polanskiane di Repulsion del ’65 che si arriva al primo vero e proprio colpo di scena del film.
Repulsione. Anzi, in Transsiberian ciò che è indagato è il rapporto intrapersonale e al contempo interpersonale che esiste fra pulsione e repulsione. Ciò che ci porta a negare qualcosa ma che al contempo costituisce il motivo della nostra animalesca attrazione.
E a questo rapporto biunivoco si va a sommare quello di confidenza/diffidenza sul quale si basa molto della percezione dello spettatore.
Transsiberian non è quindi un film imperdibile a tutti i costi, ma costituisce uno dei punti di forza del cinema thriller degli ultimi anni. Purtroppo per noi il film è stato accuratamente omesso dal mercato cinematografico italiano. La Siberia è forse troppo pericolosa per il sedentario spettatore medio del belpaese?
Danilo Cardone