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Presagio Finale – Mark Fergus [2006]

26 luglio 2011

Il senso di Jimmy per la neve

Presagio Finale

Provate a supporre di conoscere approssimativamente la data della vostra morte. Non sapete come e perché, ma una sottospecie di indovino vi ha annunciato che in quel determinato periodo questo accadrà. E “questo” sbarrerà la vostra strada nel giro di qualche giorno.

Voi cosa fareste? Come vi comportereste? Ci credereste? Fareste qualcosa per evitarlo? Pensate sia possibile cambiare il corso degli eventi?

Le domande non sono proprio le più semplici alle quali rispondere e infatti il regista Mark Fergus ne è al corrente. Non tenta dunque di dare risposte univoche piuttosto solleva la questione, ci fa riflettere sul tema. E credetemi, non è davvero poco per un regista al suo debutto sul grande schermo e che in precedenza aveva sceneggiato film come Iron Man.

Presagio Finale non è affatto un brutto film. Non è un capolavoro registico, ma non è realizzato affatto male, anzi. Purtroppo il misticismo malinconico/nostalgico del titolo originale First Snow [La Prima Neve] è stato totalmente cestinato in favore di una traduzione molto più d’effetto [ma solo per il traduttore] e infinitamente più banale. Il titolo Presagio Finale ci fa pensare a una sorta di thriller para-paranormale in stile Final Destination, ma così non è. Se poi ci si aggiunge anche il fatto che in Italia lo si è fatto uscire nelle sale [chissà poi perché] con quattro anni di ritardo, beh, insomma, pare evidente che i distributori reputino lo spettatore italiano medio un perfetto idiota che non andrà mai a vedere un film che non offre né effetti speciali in 26 dimensioni, né battute di tremenda fattura come ci abituano i nostri fantastici registi/attori italiani. Inoltre non ha nemmeno partecipato e vinto né Cannes né Venezia, quindi perché farlo uscire come meriterebbe?

Non si sa, ma chi se ne frega. Al film ci siamo arrivati ugualmente, e abbiamo avuto modo di apprezzarlo non in minor misura.

Presagio Finale

La storia è quella di un intraprendente ragazzo in carriera non proprio a posto con il suo passato, che in seguito all’incontro di un veggente potrebbe essere a conoscenza di quando morirà.

Da qui in avanti il protagonista s’inoltra sempre più in una spirale paranoica che asfissia la sua vita quotidiana in favore della paura di vivere per paura di morire.

Molti sono quindi i grandi temi affrontati, ma sono difficilmente banalizzati per merito del regista che sceglie di dirci molto, ma non tutto, lasciando allo spettatore il compito di delineare i contorni di ciò che si è percepito.

La possibile ineluttabilità degli eventi è il vero mistero che ossessiona il protagonista per la durata del film. E’ possibile che fra poco morirò, e pur sapendolo non posso far nulla per evitarlo? è la domanda costante che si pone. E poi: Devo evitarlo? E come?

A rendere partecipe lo spettatore a questa non-azione che si concretizza nel dubbio esistenziale ci sono una sceneggiatura di pregevole qualità che rivela la formazione del regista e, soprattutto, l’interpretazione convincente di un Guy Pearce in ottima forma.

Guy Pearce, un uomo che cerca di vivere la sua vita dovendo obbligatoriamente confrontarsi faccia a faccia con il passato. Dopo i fasti di Memento di Chistopher Nolan del 2000 era difficile re-interpretare una parte per certi aspetti simile e differenziarla in maniera sostanziale. E invece Pearce dimostra d’essere ampiamente in grado di farlo regalandoci un prova recitativa di buon livello che costituisce uno dei fulcri visivi di questo lungometraggio.

Pearce è perfetto nel portare in scena ogni sfumatura di quell’implosione psicologica ed emotiva che contraddistingue il suo personaggio, passando attraverso felicità e paura, ottimismo e pessimistica arrendevolezza. E’ lui che ci rende partecipi più di ogni altra scelta di un regista valido ma non strepitoso. E’ lui che rende palpabile l’obbligatorietà del rapportarsi alla realtà composta da ineluttabili coincidenze.

Coincidenze che dopo il Crash – Contatto Fisico da Oscar del 2004 di Paul Haggis non avevamo più visto protagoniste così smaglianti di un’opera cinematografica [o perlomeno io non le ricordo].

L’attinenza a Memento invece non è solo relativa alla scelta dello stesso attore, ma per quanto riguarda la fruizione dello spettatore è anche evidente nel processo di svelamento della verità di fatti accaduti nel passato dei quali lo spettatore stesso è tenuto all’oscuro sin dall’inizio e che vanno via via definendosi man mano che i minuti passano e i ricordi riaffiorano nella mente del protagonista.

Presagio Finale è quindi un film abbastanza anomalo nel panorama del cinema contemporaneo, escludendosi autonomamente da un cinema basato sull’azione ma rimanendo formalmente ancorato a quello stile hollywoodiano che non gli permette di essere annoverato fra i “film d’autore”.

Presagio Finale

Ma le definizioni hanno, come sempre, poca importanza e ciò che ha rilevanza è che questa è un’opera che sa, a suo modo, stimolare mente e cuore dello spettatore. E credo sia assolutamente da lodare.

7,5

Danilo Cardone

2 commenti leave one →
  1. ragaramik permalink
    28 luglio 2011 14:16

    Avendo apprezzato “Memento” credo mi tocchi recuperare anche questo. Ma è stato una meteora nei cinema italiani oppure proprio non l’ho notato?

    • 28 luglio 2011 20:16

      Credo sia stata una meteora, in quanto anch’io non lo avevo notato nei cinema.
      Per fortuna esiste l’home video! 😉

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