La Neve Cade Sui Cedri – Scott Hicks [1999]
Orgoglio e pregiudizio
Il pubblico che affolla i cinema al giorno d’oggi è molto vasto e differenziato. C’è ad esempio lo spettatore attento, che ha una vasta cultura cinematografica e che sa notare alcuni aspetti registici piuttosto che narrativi o interpretativi, così come può esserci al suo fianco uno spettatore più disattento, magari più interessato al suo mega-barattolo di pop corn o alla sua fidanzata piuttosto che a seguire ciò che viene proiettato in seguito al suo pagamento del biglietto.
Non è un male, ognuno è libero di vivere l’esperienza cinematografica [in sala o in home-video] come più gli aggrada e secondo le proprie possibilità.
Parallelamente a uno spettatore “normale” esiste colui che ama autodefinirsi [spesso senza conoscerne il significato] critico cinematografico, o degli audiovisivi, o dei nuovi media… insomma, più la definizione che si riesce a trovare è arzigogolata, più il presunto critico crede d’essere “critico”. Di critica, forse, c’è solo la sua situazione dell’ego, ma non importa.
Ciò che invece ha per me rilevanza in tutto ciò, è che se nell’insieme “spettatore medio” le persone in grado di lasciare aperti spiragli a espressioni non propriamente comuni e immediatamente riconoscibili, sono molto diluite all’interno della massa di “spettatori del divertimento”, mentre fra i cosiddetti critici c’è troppa attenzione a star dietro all’ultima moda interpretativa per poter effettuare visioni sufficientemente incondizionate dai pareri altrui.
E così ecco che alla 64a edizione del Festival del Cinema di Cannes trionfa un detestabile pretenzioso film come The Tree Of Life di un Terrence Malick mai così presuntuoso prima d’ora, e tutti i critici [e quindi lo spettatore medio, a seguire] si dannano per lodare ciò che non hanno minimamente compreso a livello formale né a livello narrativo, ma che se gli altri critici lo lodano [tra l’altro già da prima che uscisse…], che figura ci faccio io critico, se lo disprezzo? C’è il tangibile rischio che gli altri possano pensare che io non l’abbia capito. E guai a far vedere che una cosa non la si è afferrata in pieno!
E bene, in tutto ciò ecco che un’opera visionaria proprio nella direzione che amerà prendere Malick ma uscita nel 1999 non se l’è calcolata quasi nessuno.
Si, la critica ne fa qualche accenno vagamente positivo, ma tutto passa in sordina, come se si stesse parlando di un filmetto carino e niente più.
Ahi! Che dolore per l’arte cinematografica!
Affermando sin da subito che non siamo di fronte a un capolavoro di portata epocale, La Neve Cade Sui Cedri è un raro esempio di cinema contemporaneo ben realizzato senza che cada nell’accademico.
Il maggior merito che attribuirei a Scott Hicks è di essere riuscito a misurare alla perfezione gli elementi in causa, creando un perfetta commistione fra la visionarietà resa tramite la forma e la logica della narrazione, il tutto al servizio di un messaggio alla base ben più profondo di quanto i sentimenti riescano a essere coinvolti durante la visione.
E’ d’altronde uno straordinario Max Von Sidow nei panni di un vecchio e saggio avvocato a sostenere verso la fine del film che a volte un piccolo processo in un paesino sperduto dell’America del Nord è ben più di un semplice marginale processo, divenendo senza troppe difficoltà un processo all’intera umanità. E se lo dice lui che nel ’57 giocava partite a scacchi con la morte, e nel ’73 esorcizzava discutibili bambine possedute, io tenderei a credergli.
E’ pur vero che lo spettatore dovrà impegnarsi, e non poco, per tentare di emozionarsi a fronte di avvenimenti che si pongono come toccanti per il solo fatto di essere tali, ed è anche vero che il ritmo non è incessante. Ma che importa emozionarsi, quando un’opera ci comunica comunque qualcosa? C’è già Via Col Vento per emozionarsi o Schindler’s List. Qui il regista pecca un po’ in questo senso, ma ci dà ben altro.
Innanzitutto una storia avvincente. Per di più molto ben raccontata.
La narrazione dei fatti in aula di tribunale è condita da impetuosi flashback attraverso i quali possiamo seguire i fatti che ci hanno portato in quell’aula. Ma non sono semplici inserti di dubbio gusto, bensì sono funzionali a un disvelamento estremamente graduale e condito da colpi di scena all’interno della storia stessa che man mano che passano i minuti ci aiutano a mettere sempre più a fuoco ciò che sin dall’inizio poteva essere così chiaro e lampante sotto i nostri occhi. E’ un meccanismo quasi alla Memento, dove partendo dai dati certi dell’adesso, si va a ritroso a scoprire un tassello alla volta ciò che è alla sorgente del problema. E’ estremamente avvincente.
A ciò si affianca una forma registica d’estremo impatto. A una fotografia che valse la candidatura all’oscar si aggiunge un montaggio strepitoso fatto di semplici immagini, spesso repentinamente alternate fra loro, dove ciò che conta non è sempre comprendere il fatto, ma la situazione interiore che ha portato ad agire. Oppure si vogliono soltanto restituire dei flash di un qualcosa che si è visto o che ci stiamo immaginando. Come i ricordi. Altro che la banalità filosofica di un Malick che cerca Dio indicando verso il cielo. Ne La Neve Cade Sui Cedri quello stesso senso empatico suggerito dalla visione in immagine del pensiero e del ricordo è di estrema funzionalità a una solidissima storia.
A me pare molto più lodevole che chiudersi per anni in sala di montaggio finendo per dimenticarsi di riflettere sul senso complessivo dell’opera. Certo, il film di Hicks si pone su un livello molto più umile di quello di Malick. Ma questa è una nota di demerito? Non credo. Forse è solo presa di coscienza delle proprie possibilità.
E’ davvero apprezzabile persino la colonna sonora di questo film. Forse il meglio lo dà un violoncello che accompagna immagini di paesaggi innevati, a livello musicale, ma è importante notare come nelle visioni dei ricordi da parte dei protagonisti, la parte sonora sia spesso fuori sincro, non va a tempo, oppure le frasi dette da qualcuno si ripetono due, tre o quattro volte consecutivamente, si sovrappongono fra loro… come un ricordo ossessivo del quale non riusciamo a liberarci. Altro che superficiali voci fuori campo che non ripetono altro che domande retoriche di scarsa originalità…
E come per le parole, anche i livelli del film si sovrappongono. Alla storia amorosa si accosta quella dell’indagine, alla quale si accosta l’analisi psicologica dei protagonisti, alla quale si somma tutto un discorso sul “pregiudizio” in tutte le sue forme per arrivare infine a dirci che come la neve cade sui cedri, l’ineluttabilità degli avvenimenti è possibile metterla in discussione solo tramite l’arrogante malafede dell’uomo nel rapportarsi ai suoi simili.
Il cast è valido, e con il già citato Von Sidow recitano anche un buon Ethan Hawke e un’altra valida manciata di volti noti e stra-noti del cinema hollywoodiano.
La Neve Cade Sui Cedri è un film intimo, a tratti rarefatto ma affascinante e non noioso. Nella fitta nebbia dell’inizio della pellicola si potrebbe correre qualche serio pericolo, ma se ci fermassimo a contemplare la spessa coltre di neve che ricopre le foreste potremmo trovare una serenità tutt’altro che dannosa…
Danilo Cardone