Il Delitto Perfetto – Alfred Hitchcock [1954]
Il thriller perfetto
Girato nello stesso anno del capolavoro La Finestra Sul Cortile, Il Delitto Perfetto è una delle opere più riuscite del cineasta inglese.
Prima delle tre collaborazioni tra Alfred Hitchcock e Grace Kelly, in questo film è narrata la vicenda di un marito che dopo aver scoperto d’essere tradito dalla moglie con uno scrittore americano di romanzi gialli, pianifica il delitto perfetto per sbarazzarsi dell’infida consorte.
Ambientato nella quasi totalità delle scene all’interno del confortevole ambiente domestico della coppia, Il Delitto Perfetto ha un’impostazione fortemente teatrale che, a una superficiale visione, potrebbe impedire d’individuare la genialità del regista nella messinscena.
A rendere l’idea di star guardando un film invece che di trovarsi comodamente seduti a teatro, ci pensa un montaggio straordinariamente convincente e un punto di vista in costante cambiamento. Molte sono le occasioni nelle quali la macchina da presa si trova addirittura infossata nel pavimento per garantire allo spettatore una o l’altra sensazione a seconda di quanto stia avvenendo nella scena.
Questo film è forse la più palese dimostrazione di come il cinema possa esser realizzato in spazi limitatissimi e senza budget esorbitanti. Bisognerebbe ricordarlo con frequenza ai registi e ai produttori contemporanei…
Tra l’altro la monotonìa ripetitiva dell’ambiente all’interno del quale si svolge ogni scena, Alfred Hitchcock l’aveva già sperimentata con ottimi risultati nel un po’ più datato ma estremamente coinvolgente Nodo Alla Gola del 1948, dove toccava a un distinto James Stewart svelare l’omicidio con il quale il lungometraggio era cominciato.
In tutto ciò la sceneggiatura gioca un ruolo fondamentale. Tutta la storia è racchiusa nei piccoli gesti dei protagonisti e nelle molte parole che vengono spese durante tutti i 105 minuti, e il coinvolgimento dello spettatore è garantito proprio dalle battute dei personaggi.
Come sempre accade nei film di Hitchcock, conosciamo sin da principio le intenzioni di uno e dell’altro personaggio. Cosa si intrometterà a rovinare i piani? E come verranno risolti gli imprevisti? Riuscirà o non riuscirà il colpevole a farla franca? E chi è davvero il colpevole nell’intera vicenda?
Malgrado gli elementi basilari dei lungometraggi del regista in causa siano sostanzialmente rintracciabili in ogni sua opera, è straordinaria la maestria con la quale riesce ogni volta a rimescolarli e a utilizzarli sempre in maniera innovativa e avvincente.
Ed è proprio l’immedesimazione ora in un personaggio ora nell’altro a rendere lo spettatore partecipe alla scena, tramite un classico procedimento voyeuristico dove tutti siamo colpevoli e tutti siamo innocenti.
D’altronde in poche altre occasioni il regista sa mantenere un ritmo costantemente elevato in quanto a suspense. Qui sono l’ideazione e la messa in opera e poi le indagini a tenerci con il fiato sospeso. Tutto è giocato sul filo di lana, dove persino una calza rammendata può diventare protagonista delle vicende.
La forma del film è insolita e innovativa. Come già accennato la costrizione negli spazi avrebbe rischiato di banalizzare l’intera opera e invece basta un telefono per ampliare gli spazi, fisici e mentali, della scena. E come vengono utilizzate queste trovate! L’omicidio che si conclude con uno dei protagonisti in collegamento telefonico è quanto di più riuscito ci possa essere in tutta la cinematografia contemporanea. Tensione, azione, coinvolgimento emotivo! Tutto è presente in quei pochi fotogrammi dove ingenuità e malizia non trascurano l’aspetto psicologico, tanto dei protagonisti in scena quanto degli spettatori in sala.
Anche il colore gioca un suo ruolo fondamentale. A differenza della propensione del regista a girare in bianco e nero [tranne Nodo Alla Gola e Il Peccato Di Lady Considine del ’49 in precedenza aveva solamente girato su pellicola monocromatica], in quest’opera dimostra di sapere utilizzare adeguatamente i vari cromatismi. È di forte impatto la scena del verdetto di Grace Kelly realizzata in primo piano con uno sfondo neutro che cambia colore man mano che il giudice legge la condanna inflitta. È una scena breve ma di puro espressionismo, come amerà fare anni dopo un Bergman in film come Sussurri E Grida e come verrà proposto intelligentemente in tempi recentissimi in un film passato troppo in sordina da noi in Italia, come è Hard Candy di David Slade del 2005. Persino le variazioni di tonalità del vestito della Kelly sono legate direttamente alla sua situazione emotiva.
E in tutta questa perfezione narrativa e stilistica, come non elogiare anche le interpretazioni degli attori! Grace Kelly è elegante ed educata, ispira tenerezza in certe scene. Eppure lo spettatore è a conoscenza del suo segreto e l’indifferenza mostratagli dal marito [un Ray Milland che sembra molto James Stewart] è esemplare a livello recitativo. Nota di merito va anche scritta in proposito dell’ispettore di polizia John Williams, uomo d’altri tempi che contrasta così fortemente se lo relazioniamo agli ispettori di polizia che vediamo oggi nei film contemporanei. Senza fare del facile qualunquismo, è suo gran parte del merito della buona riuscita dell’intera opera.
Il Delitto Perfetto è un capolavoro unico nel suo genere, irripetibile, malgrado nel 1998 si tentò un remake hollywoodiano con protagonisti Michael Douglas, Gwyneth Paltrow e Viggo Mortensen. Malgrado le differenze con l’originale, come pensare di eguagliare il maestro Alfred Hitchcock?
Danilo Cardone
Il mio preferito di Hitchcock, una vera perla!